Ugo e Pier Ugo Gobbato, dirigenti dell’automobile italiana
Ugo Gobbato
Ugo Gobbato è unanimemente definito innovatore, questo a ragione delle sue azioni che hanno contribuito alla crescita del settore automobilistico e di tutta l’Italia in tempi molto difficili.
Nato il 17 luglio del 1888 a Volpago del Montello (TV) da una modesta famiglia di agricoltori, fin dalla tenera età, Ugo dimostra spiccate capacità intellettive ed interesse per gli studi. I genitori, piccoli proprietari terrieri, gli concedono, non senza sacrificio, la possibilità di studiare, e lui si diploma a Vicenza come Perito Elettromeccanico e Filotessitore e al contempo fa esperienza nel campo idroelettrico del trevigiano, prima come apprendista operaio durante le vacanze estive, poi come capo officina. In seguito, nel 1909, ottiene il diploma di Ingegneria meccanica ed Elettrotecnica al Politecnico di Swickau in Germania, titolo di studio che, oltre vent’anni più tardi, gli verrà riconosciuto anche in Italia dal Ministero dell’Educazione Nazionale. Durante la sua permanenza in Sassonia, per poter avere un piccolo sostegno economico, lavora per alcune aziende di modeste dimensioni, ma dotate di grande organizzazione acquisendo nozioni tecniche e di gestione del lavoro svolgendo attività di disegno e progettazione. Oltre a questo, impara una nuova lingua straniera che si aggiunge al francese, imparato a scuola.
Una volta rientrato in Italia, assolve i suoi obblighi di leva nel 1910 nella Brigata Specialisti con attività in aeronautica e radiotrasmissioni. Di ritorno dalla “naja” viene assunto alla Petrò & C. di Milano come progettista e capo officina per la messa a punto di presse idrauliche ad alta pressione. Ben presto torna sotto le armi come sottufficiale di aviazione per l’insorgere della guerra italo-turca. Ugo Gobbato è incaricato alla gestione delle riparazioni sugli aerei e all’organizzazione dei magazzini necessari per le forniture di materiali al fronte libico.
A metà del 1912, congedato, viene assunto alla Ercole Marelli come Direttore della Produzione di piccoli motori industriali, prima di venir nuovamente richiamato per il divampare della Prima Guerra Mondiale con il ruolo di ufficiale sottotenente nel Genio Minatori. Inizialmente, come volontario, è impiegato in prima linea dove scava trincee e camminamenti e, per le sue coraggiose azioni, gli viene riconosciuta la Croce di Guerra al Valor Militare. Successivamente, per le sue capacità organizzative, viene richiamato dal Comando Supremo ed impiegato in aviazione. Ottenuti due encomi solenni e guadagnata la piena fiducia da parte del Commissariato di Aeronautica, Ugo Gobbato viene destinato a Firenze, nell’officina del campo d’aviazione creato da Caproni, con compiti di produzione di motori di aviazione ed assemblaggio di aerei da caccia.
Terminata la guerra, trova immediato impiego in FIAT con l’incarico di Direttore Generale per completare il trasferimento degli stabilimenti al Lingotto e convertire l’azienda automobilistica da produttore di guerra a industria di pace. Messo a capo dello studio e dell’organizzazione, Gobbato studia un piano di unificazione delle officine FIAT, che completa nel 1922, concentrandole tutte al Lingotto. Per approfondire il metodo produzione viene inviato in America, presso gli stabilimenti Ford. Acquisite importanti nozioni direttive, riorganizza il sistema produttivo della FIAT la quale, l’anno seguente, conquista il record di produzione giornaliera di 300 unità, divenendo così modello di organizzazione produttiva per molte altre aziende italiane. Ritenuto ormai un grande esperto nel campo industriale, gli viene chiesto di tenere personalmente, per quattro anni, dei corsi al Politecnico e all’Istituto Industriale di Torino. Qui divulga agli studenti ed aspiranti ingegneri e dirigenti le sue teorie di organizzazione aziendale. Tutte le sue teorie ed i principi tecnici li riassume poi nel libro “L’organizzazione dei fattori della produzione”, preso ancor oggi come testo di materia.
La tedesca NSU viene messa in liquidazione per i troppi debiti dovuti ai tanti anni di inattività, la acquisisce FIAT dalla Dresdner Bank nel 1929. Gli alti dirigenti assegnano quindi all’ing. Ugo Gobbato incarichi speciali il quale torna in Germania con il compito di risollevare le sorti della NSU. Rientrerà in Patria l’anno successivo carico di elogi per il successo ottenuto.
Un nuovo incarico speciale lo porta in Spagna nel 1930 per la fondazione dell’industria nazionale dell’automobile a seguito degli accordi fra FIAT e Hispano-Suiza. Gobbato ha il compito di improntare l’officina di montaggio delle vetture prima a Barcellona e poi a Madrid e lo farà nell’arco di un solo anno.
L’assegnazione all’Italia e alla FIAT dell’incarico per la costruzione e l’avviamento di uno stabilimento di cuscinetti a sfere e a rulli in Russia, secondo un piano quinquennale sovietico, porta Gobbato a Mosca dal 1931 al 1933. È stato lui stesso a studiare e proporre il progetto e pertanto viene incaricato direttamente per la realizzazione di quello che sarà uno dei più grandi stabilimenti, fiore all’occhiello per i sovietici. Viste le pregresse esperienze, il successo dell’ing. Gobbato è quasi scontato, ma le condizioni di lavoro e le difficoltà burocratiche e sociali lo portano a casa con un forte esaurimento nervoso, tale da fargli rifiutare ogni genere di altro incarico per diversi mesi.
Sarà la diretta richiesta di Benito Mussolini a farlo tornare al lavoro, questa volta all’Alfa Romeo, come Amministratore Delegato. La proprietà dell’azienda è appena passata all’IRI (Istituto per la Ricostruzione Industriale) a causa del forte indebitamento contratto con le banche, pertanto a Gobbato viene richiesta la ristrutturazione aziendale con il rinnovamento degli impianti e la riorganizzazione delle officine. Per sei anni, con indefesso impegno, svolge il suo lavoro riportando l’azienda ai massimi livelli di efficienza. La manovalanza passa in questo lasso di tempo da 1000 a 6000 dipendenti. Il periodo è molto difficile, le tensioni sociali sono frequenti ed il regime influenza la politica aziendale. In questo periodo lo Stato è sostanzialmente l’unico cliente di Alfa Romeo. Per questo motivo la produzione automobilistica viene sensibilmente ridotta, quasi azzerata, a favore di quella di autocarri e motori per l’aviazione. La conoscenza di numerose lingue straniere fa di Ugo Gobbato un abile cicerone il quale illustra ai vari ospiti, civili e politici, i settori produttivi della “sua” Alfa Romeo con estrema competenza.
Nel 1939 si occupa della costruzione e messa in produzione dello stabilimento Alfa Romeo a Pomigliano d’Arco ottenendone l’avviamento produttivo in un anno esatto. L’industria diventa punto strategico e fondamentale per il sostegno dello sforzo bellico, tanto da entrare nel mirino dei tedeschi in ritirata che nel 1943 lo radono al suolo distruggendolo totalmente e provocando inoltre numerose vittime fra gli operai. Ugo Gobbato rimane quindi a Milano e senza mai schierarsi politicamente, si impegna comunque a svolgere i suoi incarichi con professionalità ed impegno, cercando in tutti i modi di eludere le pressioni politiche e prodigandosi per difendere il patrimonio aziendale ed i suoi dipendenti.
La filosofia dell’Ing. Ugo Gobbato mira da sempre alla soddisfazione ed alla gratifica del personale, crea scuole aziendali di apprendistato e sostiene corsi di formazione e specializzazione per ingegneri, periti industriali e giovani apprendisti. Sono numerosi gli attestati di stima e gratitudine da parte dei suoi colleghi e dipendenti. Tuttavia l’obbligo di operare secondo le richieste del vigente Regime Fascista lo porta ad essere sottoposto al giudizio del tribunale popolare per ben due volte ottenendo comunque due piene assoluzioni. Un gruppetto di ignoranti, militanti del partito comunista, non si ritiene comunque soddisfatto dell’esito del giudizio…
L’ing. Ugo Gobbato, uomo ricco di umanità e innata dedizione, che ha dedicato in modo giusto tutta la sua vita al lavoro, alla famiglia e alla Patria, cercando sempre di fare il bene delle aziende per le quali ha lavorato ed il bene dei suoi collaboratori, dai più semplici operai ai colleghi dirigenti, dopo i giorni convulsi della Liberazione, viene trucidato con crudeltà la mattina del 28 aprile 1945 da un suo ex dipendente per vendetta, invidia, ignoranza e per ideologici motivi politici.
Il partigiano sarà riconosciuto colpevole solo nel 1960, ma, proprio per aver agito anche per motivi politici seppur infondati, rimane impunito perché il reato viene estinto per amnistia.
La storia di questo luminare è stata ampiamente riassunta in una conferenza del 1995 da una serie di relatori fra i quali Duccio Bigazzi, grande storico dell’automobilismo, per l’AISA (Associazione Italiana per la Storia dell’Automobile) ed in seguito salita agli onori della cronaca anche grazie a Marino Parolin che in collaborazione con il comune di Volpago del Montello (TV) ha riscoperto questo celebre concittadino.
Pier Ugo Gobbato
Pier Ugo Gobbato è l’eccellente figlio d’arte di Ugo Gobbato, secondogenito di sei fratelli e nato, in periodo di guerra, il 12 giugno del 1918. Nasce a Firenze perché la madre Dianella Marsiaj ha seguito il marito Ugo in Toscana il quale è arruolato come ufficiale tecnico in Aeronautica nell’officina del campo d’aviazione di Caproni.
Pier Ugo passa la sua infanzia a Torino dove la sua famiglia si trasferisce dopo l’assunzione del padre in FIAT. I suoi ricordi lo portano, con una certa nostalgia, sul suo balcone di casa dal quale può ammirare tutte le officine della Casa Torinese in Corso Dante.
Suo padre Ugo è affettuoso ed amorevole, racconta a lui e ai suoi fratelli le favole della buonanotte spesso accompagnandole con disegni fatti di suo pugno. Tuttavia sono poche le sere che, di ritorno dal lavoro, trova i figli ancora svegli. Il lavoro gli assorbe quasi totalmente il tempo libero e per poter passare un po’ di tempo assieme a lui, Pier Ugo lo segue al lavoro nella giornata di domenica. Mentre il padre adempie ai suoi impegni, normalmente alla domenica fa riunioni di fine settimana, Pier Ugo si intrattiene con altri giovani figli di colleghi del padre, uno dei quali è Gianni Agnelli. A Pier Ugo piace fare questa “gitarella” perché sa bene che spesso e volentieri la giornata si conclude con un paio di giri sulla pista sopraelevata costruita sopra allo stabilimento del Lingotto, seduto in una cassetta di legno, a bordo di prototipi guidati dai collaudatori FIAT Nazzaro o Salamano.
Durante la sua gioventù, Pier Ugo visita spesso il paese natale del padre Ugo e passa quasi tutte le estati a Volpago del Montello. Con il padre visita i numerosi monumenti eretti in memoria dei caduti della Prima Guerra Mondiale e fa diverse scampagnate sul Montello a caccia di residui bellici, da elmetti di diverse fazioni a bossoli di piccole e grosse armi. Sulle rive del Piave il padre gli racconta le battaglie che affrontò in guerra e gli mima a gesti le imprese del suo idolo Francesco Baracca il quale vinse eroicamente ben 37 battaglie aeree prima di essere abbattuto. Gli ricorda che quel cavallino rampante in ferro battuto, eretto sul comignolo della loro casa di Volpago, gli fu regalato proprio da Francesco Baracca quando, in guerra, curava la manutenzione del suo aereo.
Pier Ugo Gobbato si laurea al Politecnico di Milano nel dicembre del 1941, quando è già reclutato alla scuola allievi ufficiali di Orvieto in Aeronautica, avendo poco tempo prima conseguito il brevetto di pilota civile di aereo. A cavallo fra il 1942 e il 1943 viene assegnato al 4° Stormo Baracca, dedicato al pilota che fu idolo di papà e del quale tanto gli raccontò da bambino. Il giorno di Ferragosto del 1943, in una battaglia aerea, Pier Ugo abbatte uno spitfire, ma viene a sua volta colpito. Si salva facendo un atterraggio di fortuna sulla spiaggia di Rosarno Calabro. A fine agosto incontra il padre Ugo nella sede dell’Alfa Romeo a Milano. Si trova nel capoluogo lombardo perché deve ritirare quattro aerei per lo stormo, ma sono ancora incompleti e gli è permesso del tempo libero. Decide di dedicarlo al padre, anche perché il recente abbattimento che lo ha messo in pericolo di vita, gli ha buttato a terra lo spirito. Il suo morale è talmente basso che si congeda dal padre dicendogli che, visto come stanno evolvendo gli eventi, forse non si sarebbero più rivisti. Questa battuta, che provoca lacrime di dolore ad Ugo, causerà sempre un grande rimorso in Pier Ugo perché non sa che questa è l’ultima volta che vedrà il padre in vita.
L’8 settembre del 1943 viene firmato l’armistizio e le truppe tedesche in ritirata, che fino a pochi giorni prima erano stati colleghi ed ottimi amici di Pier Ugo Gobbato, distruggono completamente lo stabilimento Alfa Romeo a Pomigliano d’Arco costruito dal padre. Viene quindi inviato in quel sito per cercare di recuperare il maggior numero di pezzi di ricambio possibili per i loro aerei. Pier Ugo continua a svolgere con professionalità i vari incarichi che gli vengono assegnati, fino a quando, a fine aprile del 1945, scopre in maniera casuale e tragica che il padre è stato assassinato.
Terminata la guerra Pier Ugo Gobbato comincia a lavorare. Bisogna dire che essere il figlio di Ugo Gobbato gli rende le cose piuttosto semplici. Tuttavia non vuole approfittare della fama del padre, perché vorrebbe dimostrare il suo valore meritatamente. Resiste alle pressioni della madre che vorrebbe il figlio in FIAT, gli consiglia innumerevoli volte di presentarsi da Vittorio Valletta o Gaudenzio Bono, rispettivamente dirigente e segretario FIAT, per una quasi certa assunzione. Sua madre si trova ora in gravi difficoltà economiche non avendo ancora ricevuto la liquidazione del defunto marito, ma Pier Ugo non cede. Sceglie di iniziare a lavorare alla Motori Marini Carraro a Milano, il cui titolare è stato compagno di scuola del padre, per avere una maggiore formazione professionale. Solo dieci anni dopo, su richiesta di Vittorio Valletta, va a lavorare in FIAT nel reparto Grandi Motori.
Anche Enzo Ferrari, che Gobbato conosce da quando era bambino, gli fa una gran corte perché lo vorrebbe fra le sue fila. Pier Ugo declina ogni proposta per spirito di riconoscenza nei confronti della FIAT, così il Drake si rivolge direttamente al Direttore Generale Ing. Bono per ottenere un accordo. Nel 1964 Gobbato passa in Ferrari come Direttore Generale, ma stipendiato da FIAT. Ferrari si trova in grosse difficoltà finanziarie e Gobbato ha il merito di convincere Enzo Ferrari a cedere completamente l’attività alla FIAT, mantenendo però la gestione diretta del Reparto Corse con il quale ha appena vinto un titolo in F1 con John Surtees.
Nel 1966 Gobbato lascia la Ferrari per tornare in FIAT. Gianni Agnelli gli promette un incarico in Lancia e Gobbato scorge grosse opportunità di crescita professionale essendo questo marchio allo sbando e disastrato dopo l’acquisizione del Gruppo FIAT. Nel 1970 diventa Direttore Generale e, come aveva intuito, FIAT gli lascia carta bianca pur opponendo una certa resistenza. Si presenta agli uomini del Reparto Corse Lancia, a Fiorio e a Tonti, infondendo fiducia e voglia di raggiungere importanti successi. A livello commerciale Lancia non ha grossi progetti, la cosa buona che ha e, che funziona alla grande, è il Reparto Corse. Decide di lavorare su questo fronte sfruttandone l’esperienza e con l’intenzione di svilupparlo ulteriormente.
In questo frangente nasce il progetto Lancia Strato’s, una vettura rivoluzionaria che darà una svolta epocale ai rally mondiali. Nuccio Bertone, con grande disponibilità di adattamento alle esigenze degli uomini del Reparto Corse, crea un gioiello stilistico straordinario dalle linee ancor oggi moderne. Umberto Agnelli, presidente della Lancia, delega la trattativa dei motori Dino a Gobbato. Inizialmente Ferrari rifiuta di dare la fornitura dei suoi propulsori per evitare di avere un concorrente diretto “in casa”, ma forse anche su suggerimento di FIAT stessa che non ha intenzione di investire in una vettura che non sia prettamente commercializzabile. Così Gobbato trova un accordo, quasi definitivo, con Citröen per avere i motori della Maserati Merak. Non appena la notizia arriva all’orecchio del Drake, questo immediatamente chiama Gobbato promettendogli tutti i motori che desidera.
Gianni Tonti, responsabile tecnico del Reparto Corse Lancia, comincia nel 1970 ad avere rapporti sempre più frequenti con Pier Ugo Gobbato tanto da conoscerlo così bene che lascio a lui descriverne le qualità, i successi ottenuti ed il sacrificio finale.
Gianni Tonti:
Il suo breve discorso di presentazione appena arrivato in Lancia mi fece capire lo spessore dell’uomo che era stato designato personalmente da Giovanni Agnelli per risollevare le sorti della Lancia. Dietro alla persona gentile dal nobile portamento, si percepiva la risolutezza del grande condottiero e la tenacia per raggiungere gli obiettivi. Infatti Pier Ugo Gobbato si spese molto per il marchio Lancia e questo suo amore lo pagò poi caro.
Per il progetto Strato’s, noi tecnici lavorammo pancia a terra per progettarla e realizzarla in tempi brevi, ma se riuscimmo a completare l’opera fu grazie alla caparbietà e alla capacità di Pier Ugo Gobbato. Il primo grande ostacolo che superò fu quello di riuscire a fare accettare, nella gamma delle vetture prodotte dalla Lancia, la Strato’s, una vettura lontanissima dalla loro visione che, per contenere i costi, prevedeva che i modelli Lancia derivassero da vetture di produzione Fiat.
Secondo punto determinante per la realizzazione della Strato’s fu ottenere il motore 2,5 litri V6 dalla Ferrari. Questa fu la grande battaglia che Pier Ugo Gobbato intraprese con i vertici della Fiat i quali fecero di tutto per impedirne l’accordo. Gobbato riuscì a imporsi grazie alla stima che aveva di lui Enzo Ferrari e alla fiducia che riponeva in lui l’avvocato Agnelli.
Dopo aver dominato il Campionato Rally dal 1974 al 1976, i vertici della Fiat riuscirono a rivalersi su Pier Ugo Gobbato. È sempre vivo il ricordo, misto di commozione e di rabbia, di quando all’arrivo del Rally di Monte Carlo del 1976 vinto dalla Strato’s di Munari-Maiga, Gobbato mi disse che ci avrebbe lasciati e mentre tutta la nostra squadra festeggiava la vittoria io fui invaso da una profonda tristezza.
I grandi successi sportivi ottenuti con la Strato’s e l’avere portato in positivo il bilancio della Lancia dopo parecchi anni di profondo rosso, non furono sufficienti per contrastare la lotta di potere all’interno della Fiat.
Di Pier Ugo Gobbato ho nella memoria molti momenti belli. Ricordo quando ci presentò la nazionale di tennis a cui regalò, per ogni atleta, una Fulvia Coupé con il proprio nome scritto sulla portiera. Ricordo la premiazione a Villa Monfort per la conquista del Campionato Mondiale Rally del 1974, in quell’occasione Pier Ugo Gobbato consegnò a me e ai miei collaboratori un attestato, solo lui ci gratificò con questo riconoscimento, perché fino ad allora venivano premiati solo i piloti.
Fu grazie a Pier Ugo Gobbato che conobbi Enzo Ferrari, il quale mi diede il suo aiuto durante la progettazione della Strato’s, della Beta Montecarlo Silhouette e della LC2 Gruppo C. Nei nostri frequenti incontri, qualche volta scambiammo le nostre opinioni sugli uomini Fiat conosciuti da entrambi, all’ing. Ferrari piaceva questa conversazione, e Pier Ugo Gobbato fu sempre considerato il migliore.
Pier Ugo Gobbato, fortemente amareggiato per il trattamento ricevuto, si ritira dal mondo dell’automobile e termina la sua carriera come presidente della società di un amico che si occupa di sistemi di riscaldamento e raffreddamento.
Giancarlo Spelta, responsabile dello stabilimento di Chivasso dal 1988 al 1992, ricorda con piacere le visite dell’ing. Pier Ugo Gobbato. Ad una, in particolare, ricorda le discussioni sui dettagli della linea di sigillatura in verniciatura che Gobbato affronta con il giornalista Gianni Rogliatti, nozioni che oggi non appartengono più alle categorie di dirigenti e giornalisti. A testimonianza del fatto che abbia continuato a coltivare la passione per Lancia, Spelta ricorda di quando Gobbato partecipò come oratore alla presentazione della Lancia Dedra e dei suoi frequenti incontri con il Gruppo Anziani Lancia.
Scritto per Auto d’Epoca – Maggio 2020
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